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 Il Sopravvissuto | Recensioni 
 
 
 
 
 
 IL  SOPRAVVISSUTO Quadrante I
 Dal  diario di bordo. La luna è calante. Ho perso il bagaglio. Non ho più niente, neppure il nome. Stamattina  ho trovato un approdo per la prima volta dal mio Naufragio, dal  Naufragio di tutti. Nel porto di Odessa, adesso, ci sono delle  persone, ma non sembrano vedermi. Mi credono morto. Ho visto il mio  vecchio nome su un pezzo di carta attaccato al muro. Era il mio  funerale. Scrivo da dietro un albero: vedo quelli  che una volta erano i miei nemici piangere e leggere elenchi  inventati di belle cose riguardanti il mio vecchio nome.  I pochi amici che scorgo, loro non piangono. Portano via un corpo nel  sacco nero. Devo scappare. Fuggire da me. Devo imbarcarmi al più  presto per tornare verso casa, ma non so da dove vengo e non so dove  andare, sono un altro, non ho certezza di appartenere a un qualche Me  stesso. Un vuoto dentro. Non posso più cercare risposte negli altri.   COME  SE NON CI FOSSE UN DOMANI  Io  sono il Sopravvissuto, son trino e non uno, son vuoto a metà e non  mi aspetta nessunoUn  contemporaneo di ciurme sumere, un compatriota di genti straniere
 In  testa il tormento, in pancia il dolore di un nulla di cui io stesso  sono il motore
 In  pancia il dolore, in testa il tormento e una rotta ostinata che va  controvento
 come  se non ci fosse un domani (come infatti non c'è).
 Ho imparato  che è dal fallimento che nasce l'azione e  che il vuoto è possibilità di creazione
 quel  tipico odore di terra bruciata, scordando lo zaino all'ultima  fermata.
 Il  lato malato della libertà, Abele e Caino siamesi a metà. L'errare  è di Abele, l'errore è Caino,
 il tiranno e lo schiavo hanno perso  il cammino come  se non ci fosse un domani (come infatti non c'è).
 Il  punto è questo e un rimedio io non l'ho trovato (ma  conoscere il punto è già un buon risultato):
 torturo il passato  e misuro il futuro ma intanto il presente se ne va affanculo.
 Ti  giuro, non vedo a un palmo dal naso, ma  vuoi mettere la soddisfazione a procedere accaso?
 Che  il vuoto è principio immanente, volendo fondare la causa sul Niente come  se non ci fosse un domani.
 
 (COME INFATTI NON C'E')
 
 Avrei  voluto suicidarmi, ma non ho avuto mica tempo. Eppure  i condor mi mangiavano gli occhi,
 e forse questo voleva dire che  ero già cadavere di una vita differita.
 Allora,  al mio funerale, fra gli elogi e i pianti di quelli che una volta  erano stati i miei nemici,
 mi  sono sostituito al mio corpo nel sacco nero, e sono scappato da me.
 Ora  non avevo più un'ombra, non avevo più un nome, ma forse un'ombra e un nome  non ce li avevo mai avuti.
 Sono tornato a cercare il mio mare,  sono tornato a pescare sillabe.
 Perché  non sai mai cosa sei, e non sai mai cosa vuoi. Non vuoi mai cosa  sei e non sei mai cosa sei.
 E  se pensi che ormai non sei più tu, allora non sei mai stato tu.
 Ogni  cosa può cambiare in un istante. Il Demone è figlio di luna  calante. Il  Tempo è l'oceano, e io il navigante.
 IL  SOPRAVVISSUTO Quadrante II Dal  diario di bordo. Luna Nuova. Navigo ormai da un quarto di Luna. Sembra che il  Tempo, inabissatosi nel mare durante il Naufragio Universale, si sia  sciolto in un'unica massa d'acqua chiamata Possibile, ma che le mie  mappe dividono in tre Oceani distinti. Sto entrando stanotte nel Primo Oceano: l'abisso del Possibile sotto forma dell'Irrealizzato,  dove l'avvenire  non è una regione dello sconosciuto, ma un'estensione del passato. Lì,  dove c'è quello che avrebbe potuto essere ma non è stato, vive un  terribile Demone di Profondità detto Postfestvm. Lui si nutre di  sensi di colpa, nostalgie, ricordi, rimpianti e rimorsi, cose  perse e radici. Sento il canto delle Sirene della Memoria: mi distorcono tutto, forse  mi hanno avvelenato, forse mi hanno paralizzato. L'azione si  trasforma in un'aratura del mare che si riforma dietro di me come  scia schiumosa. Ma quando il vento si placa, la notte senza luna  confonde il confine fra cielo e mare in un unico Nero. Sono  Sopravvissuto e so che posso andare avanti senza vertigine né paura,  perché non ho mai avuto altra scelta. NON SONO PIU' IL GHEPARDO DI UNA VOLTA 
 E  quindi tutto bene, dai, a parte la vita... E a parte che persevero a  riaprirmi la ferita
 con la falce arrugginita, insomma, mi sa che  sbaglio, a  guardare il panorama ci si perde ogni dettaglio
 (a guardare ogni  dettaglio ci si perde il panorama).
 Tipo la mappa su cui sono, che  mi ha un po' disorientato, che  mi ruota sotto i piedi e mi dà il Nord sbagliato
 e mi manda in  direzione dell'Oceano del Passato, (ma io non sono più il  ghepardo di una volta che non sono mai stato).
 Ma  Orfeo, se vuoi voltarti, puoi girarti quando vuoi, lascia il comando  della nave a Capitan SennodiPoi,
 e nel frattempo gli avvoltoi  mi  continuano a mangiare quelle briciole di pane che ho lasciato  galleggiare sopra il mare.
 Ma in fondo è meglio: mi fanno  ricordare che il mio di tempo perduto non lo posso ricercare...
 Un  granello di sabbia nella clessidra che continua a girare.
 Nel  cerchio di mezzo la Luna Nera, è un abbaglio o al buio le cose si  vedono meglio?
 Lo  so mi sbaglio se mi incaglio nelle rocce ormai sommerse,
 nell'assenza di radici o in tutte le altre cose perse,  nell'esilio dagli amici,
 nei miei vortici a spirale che  trascinano anche me nel gorgo della solitudine stellare.
 E non  avendo un focolare  mi succede che non so dove tornare,
 quindi  adesso barra a dritta, si procede, che dietro ormai la costa non si  vede.
 E  avere fede in qualche stella non lo so se mi conviene che  il vero volto delle cose è al buio che si vede bene.
 Dito medio  alle Sirene che mi hanno paralizzato cantando  l'Irrealizzato del ghepardo che non sono mai stato.
 Ho un veliero  senza vele che mi porterà nel centro del caos in mezzo ad ogni  possibilità
 Non è il mestiere mio questo mestiere qua di  galleggiare nel cerchio di mezzo sempre a metà ma sfasato dal  centro un po' più in là.
 Seguo  il flusso delle onde e vedo il nulla all'orizzonte.
 Seguo il  flusso delle onde verso il nulla all'orizzonte.
 
 (CHE NON SONO MAI STATO)
 
 Tutto  è da rifare: mi sembra sempre di arare il mare. Costretto a  transumare e perennemente ad arare il mare.
 Tutto è da rifare:  Sisifo non sei nessuno.
 Non c'è riflesso alcuno: la notte è nera  senza luna. Non c'è ricordo alcuno e non c'è memoria del futuro.
 Non  c'è più scelta alcuna fra il mare e il cielo senza luna. Non c'è  vertigine alcuna: la notte è nera e senza luna.
 Non  c'è nessuna paura in questa notte senza luna. Non c'è nessuna paura  in questa notte senza luna.
 Il  Possibile è il limite mobile di ciò che io sono disposto ad  ammettere, in questa notte in cui l'Irreversibile
 mi regala la possibilità di cercare il mio mare, di non tornare più  indietro e andare un po' più in là.
 IL  SOPRAVVISSUTO Quadrante III
 Dal  diario di bordo. La Luna è Crescente e quello  che avrebbe potuto essere è risucchiato da quello che potrebbe  essere. Sono Sopravvissuto  al Primo Oceano ma devo superarne un Secondo ancora più spaventoso:  l'abisso del Possibile sotto forma dell'Irrealizzabile, dove la  ragione del poter essere me stesso si situa sempre e solo davanti a  me. Qui le maree del Possibile sono correnti fortissime che possono inghiottire il mio veliero nel gorgo dell'indifferenza  per ogni cosa del presente. Qui vivono le Erinni della vendetta e della morte, e soprattutto il  Demone di Profondità detto Antefestvm, che si nutre di illusioni e  speranze, paure e presagi.
 Il morso dei Mostri dell'Attesa è capace  di spostare il poter essere se stessi sempre un passo in avanti  rendendolo irraggiungibile come l'Orizzonte. Il suo veleno non ha  antidoto e porta alla paralisi e l'angoscia  per l'avvenire sconosciuto, per l'imprevedibile. Mi ricordo le parole  lette sul fondo del mare durante il Naufragio:  “Se  tu sarai capace di stare senza attesa, vedrai cose che gli altri non  vedono”.
 
 IL PORTO DELLE ILLUSIONI
 
 Da  bimbetto sognavo di fare il pirata.        Ora che sono un pirata il mio  sogno è di fare il bimbetto,
 invece  annodo un cappio mentre aspetto non so nemmeno cosa.
 Nel  mare del Maccosa a pesca di ossessioni, andando contro vento,  contro alibi e illusioni
 e come unico nemico la speranza e una  domanda che mi cola dalla testa:
 Era proprio questa la vita che  volevamo? E cosa mi resta in mano dell'essere sopravvissuto (ora  che il tempo è scaduto).
 La  percezione di una rivoluzione arriva sempre e solo quando tutto è  già accaduto.
 Ora  il tempo è circolare e l'orizzonte si sposta più in là. Butta  in mare il cannocchiale, nella spirale niente appare ciò che è in  realtà.
 Scusa  ho solo poche cose da dire, e in gran parte lo so, sono tutte  minchiate, può mai essere che siano tutte sbagliate?
 Ora  che sono spettatore in mezzo alla tempesta, e il mio cuore di  bimbo è una pietra con 22 lati e mezzo,
 che cosa mi resta? Dai,  lo sapevo da un pezzo: la rotta è proprio questa:
 sotto  i piedi l'abisso, la schiuma negli occhi e il caos sopra la testa.
 Che cosa mi resta? Sprogrammarmi  tutto un futuro: questo quanto mi costa?
 Un  serpente a spirale a cui dovrei strappare a morsi la testa. Ma  era proprio questa la vita che volevamo?
 Ora cosa mi resta? Forse  attraccare in un porto stavolta un po' meno sicuro e andare  affanculo.
 
 PROLOGOLOGIA
 
 Dal  diario di bordo. Il  libeccio è una rabbia e le stelle uno sciame di meduse. Mi  sono avvitato. Sono  finito in una matrioska di frattali, in una spirale di Fibonacci, in  un nastro di Moebius. Vedo una mappa disegnata nella mappa e sento  Don Quichotte leggere a voce alta il Don Quichotte. Devo buttare in  mare cannocchiale e carte navali. Sono in un punto indefinito  dell'Oceano del Possibile, stanotte lascio indietro paure e  ormeggi e cerco di attraccare finalmente a terra.
 
 La  volontà piega il destino, ma non il caso, ma non il caos. Ma non  è questo il caso.
 
 IL  SOPRAVVISSUTO Quadrante IV
 
 Dal  diario di bordo. Il  Possibile ha una sola forma attuabile: quella di un divenire fatto di libertà  e condivisione. Un presente schizofrenico schiavo solo dell'autodeterminazione del libero arbitrio totale e  privo di ancore e catene. Devo tagliare le corde con cui mi sono  lasciato legare consenzientemente: sono catene di cui neanche mi sono  mai accorto perché assuefatto, oppure di cui forse mi sono accorto,  ma che non ho voluto provare a tagliare solamente per paura.  Stanotte, in poche ore, guidato dalla luce della Luna Piena, sono  approdato nel porto di Zonguldak.
 
 ROTTA IRREPARABILE
 
 Riuscirò  a sentire il rumore della corda spezzataquando  lascerò che si spezzi?
 In  discesa in folle, pazzo per i pazzi,folle  per le folle.
 Riuscirò  a trovare la cazzo di chiave della stanza delle mie torture, per  riuscire un po’ a raddrizzarle
 prima  del tracollo, rotolando a valle a rotta di collo.
 La  spirale delle onde, il  rimescolarsi della corrente, schiuma  sporca sulla tomba della  folla consenziente.
 Niente  punti cardinali, la stella polare è assente. Io  sputo sangue sulla tomba della  folla consenziente.
 Ribaltare  i cassonetti e ribaltare l'esistente, sputo  sangue sulla tomba della  folla inerme e consenziente.
 
 ZONGULDAK
 
 Dal  diario di bordo. Luna  piena: Sono Sopravvissuto.  E finalmente sono riuscito ad arrivare a terra. Sotto una pioggia di  lamette, mi sono seduto sul porto. Intorno, tutte le navi ancorate  sono ognuna dentro una bottiglia, ma si stanno arrugginendo lo stesso  anche se non vengono a contatto con l'acqua. Sono un senza  nome, sono senza limiti e taverne in cui rifugiarmi, coi ponti  tagliati dietro e davanti. Ormai c'è una sola cosa che posso fare:  fondare la causa sul Niente, reinventarmi, slegare il nodo scorsoio,  sfasciare la scialuppa di salvataggio, ridefinire il primario e  negare il Tempo lineare, perché io stesso sono sostanza del Tempo.  Non c'è più niente da perdere, si può perdere solo ciò che non si  è mai posseduto. Perciò, per sempre esule e per sempre controvento,  il Sopravvissuto distrugge la sua scialuppa di salvataggio, si  rimette in mare, e riparte verso nessun posto. Senza ritorno. Il  rischio è la mia sicurezza perché ormai  non sento più le catene che mi paralizzavano, il lato oscuro della  libertà. Sono finalmente libero di affrontare il rapporto con gli  altri Sopravvissuti.
 
 Sono  qui, fermo seduto, sopravvissuto ma stanco morto. Guardo le  navi ormai arrugginite nel porto.
 Mi sono accorto che non  partiranno, sono chiuse dentro una bottiglia del cazzoe porcoddio  nemmeno lo sanno.
 E io, come loro, da tempo ancorato incatenato  al centro di un quadrato
 E mi ero legato da solo le mani come i  casi umani, un po' troppo umani.
 Ma  mentre accoltello il me che io ero ieri il me di oggi è impiccato  dal me di domani... Bene!
 Corpo  di mille balene! Solo chi è fermo non sente le catene. L'ancora è  dentro di me.
 Ho  salpato presto stamattina, e la marea mi trascina ma la marea sono io,
 e uno squalo mi sbrana ma  lo squalo sono sempre io,
 che  non c'ho una rotta ma solo una scia ma  mi volterò il giorno della mia agonia.
 Lascia  gli ormeggi, coraggio, e  sfascia con l'ascia la scialuppa di salvataggio:
 per ridefinire  il primario e la prospettiva che apre ogni altro scenario.
 Un  breve respiro, un nodo slegato, un’ascia nel mare ghiacciato da  un gelo che squarcia le vele.
 Corpo di mille balene! Solo chi è  fermo non sente le catene. La guerra è dentro di me.
 
 Io  sono il sopravvissuto, sono quattro non uno. Sono  pieno a metà e non mi aspetta nessuno.
 Un  compatriota dell'inesistente, un contemporaneo di Niente.
 
 EPILOGO
 Sulla  terra si scivola. È un globo rivestito da una sottile patina di  sapone.Per stare in piedi bisogna andare in mare.
 Il mare è  uno e sono molti. Il mare è sempre diverso, perché l'acqua non è  mai la stessa ed è sempre la prima volta che la vedi. Ed il centro  del mare è la prospettiva migliore, quella che apre al maggior  numero di altre possibilità, e che lascia tutte le opzioni del  Possibile e del Caso.  Il  mare c'era prima del Tempo, e prima che il Tempo fosse diviso in tre  parti: il passato come colpa, il presente come redenzione e il futuro  come salvezza; perchè il Tempo è solo una relazione e non esiste:  nessuno può vivere nel passato, nessuno può vivere nel futuro, il  Sopravvissuto di ieri è morto e il Sopravvissuto di oggi muore nel  Sopravvissuto di domani. Il tempo è quindi solo la sostanza di cui è  fatto il Sé, non una catena; la marea sono io, lo squalo sono io, la  guerra sono io.  E chi sono io? Lo saprò solo il giorno dopo  dell'agonia, quando finirà l'orrore di essere e di continuare a  esserlo. Mentre aspetto la morte mi libero dal lato oscuro della  libertà e dalle catene che ho accettato consenzientemente e che mi  sono messo da solo.  L'autodeterminazione  è l'unica Possibile dimensione del presente.Occhi  bene aperti. Gli occhi sono l'unica parte del corpo che non invecchia  mai.
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