marnero

Il Sopravvissuto Lyrics






IL SOPRAVVISSUTO Quadrante I

Dal diario di bordo. La luna è calante. Ho perso il bagaglio. Non ho più niente, neppure il nome. Stamattina ho trovato un approdo per la prima volta dal mio Naufragio, dal Naufragio di tutti. Nel porto di Odessa, adesso, ci sono delle persone, ma non sembrano vedermi. Mi credono morto. Ho visto il mio vecchio nome su un pezzo di carta attaccato al muro. Era il mio funerale. Scrivo da dietro un albero: vedo quelli che una volta erano i miei nemici piangere e leggere elenchi inventati di belle cose riguardanti il mio vecchio nome. I pochi amici che scorgo, loro non piangono. Portano via un corpo nel sacco nero. Devo scappare. Fuggire da me. Devo imbarcarmi al più presto per tornare verso casa, ma non so da dove vengo e non so dove andare, sono un altro, non ho certezza di appartenere a un qualche Me stesso. Un vuoto dentro. Non posso più cercare risposte negli altri.

COME SE NON CI FOSSE UN DOMANI

Io sono il Sopravvissuto, son trino e non uno, son vuoto a metà e non mi aspetta nessuno
Un contemporaneo di ciurme sumere, un compatriota di genti straniere
In testa il tormento, in pancia il dolore di un nulla di cui io stesso sono il motore
In pancia il dolore, in testa il tormento e una rotta ostinata che va controvento
come se non ci fosse un domani (come infatti non c'è).

Ho imparato che è dal fallimento che nasce l'azione e che il vuoto è possibilità di creazione
quel tipico odore di terra bruciata, scordando lo zaino all'ultima fermata.
Il lato malato della libertà, Abele e Caino siamesi a metà. L'errare è di Abele, l'errore è Caino,
il tiranno e lo schiavo hanno perso il cammino come se non ci fosse un domani (come infatti non c'è).
Il punto è questo e un rimedio io non l'ho trovato (ma conoscere il punto è già un buon risultato): torturo il passato e misuro il futuro ma intanto il presente se ne va affanculo. Ti giuro, non vedo a un palmo dal naso, ma vuoi mettere la soddisfazione a procedere accaso? Che il vuoto è principio immanente, volendo fondare la causa sul Niente come se non ci fosse un domani.

(COME INFATTI NON C'E')

Avrei voluto suicidarmi, ma non ho avuto mica tempo. Eppure i condor mi mangiavano gli occhi,
e forse questo voleva dire che ero già cadavere di una vita differita.
Allora, al mio funerale, fra gli elogi e i pianti di quelli che una volta erano stati i miei nemici,
mi sono sostituito al mio corpo nel sacco nero, e sono scappato da me.
Ora non avevo più un'ombra, non avevo più un nome, ma forse un'ombra e un nome non ce li avevo mai avuti.
Sono tornato a cercare il mio mare, sono tornato a pescare sillabe.
Perché non sai mai cosa sei, e non sai mai cosa vuoi. Non vuoi mai cosa sei e non sei mai cosa sei.
E se pensi che ormai non sei più tu, allora non sei mai stato tu.
Ogni cosa può cambiare in un istante. Il Demone è figlio di luna calante. Il Tempo è l'oceano, e io il navigante.

IL SOPRAVVISSUTO Quadrante II

Dal diario di bordo. Luna Nuova. Navigo ormai da un quarto di Luna. Sembra che il Tempo, inabissatosi nel mare durante il Naufragio Universale, si sia sciolto in un'unica massa d'acqua chiamata Possibile, ma che le mie mappe dividono in tre Oceani distinti. Sto entrando stanotte nel Primo Oceano: l'abisso del Possibile sotto forma dell'Irrealizzato, dove l'avvenire non è una regione dello sconosciuto, ma un'estensione del passato. Lì, dove c'è quello che avrebbe potuto essere ma non è stato, vive un terribile Demone di Profondità detto Postfestvm. Lui si nutre di sensi di colpa, nostalgie, ricordi, rimpianti e rimorsi, cose perse e radici. Sento il canto delle Sirene della Memoria: mi distorcono tutto, forse mi hanno avvelenato, forse mi hanno paralizzato. L'azione si trasforma in un'aratura del mare che si riforma dietro di me come scia schiumosa. Ma quando il vento si placa, la notte senza luna confonde il confine fra cielo e mare in un unico Nero. Sono Sopravvissuto e so che posso andare avanti senza vertigine né paura, perché non ho mai avuto altra scelta.

NON SONO PIU' IL GHEPARDO DI UNA VOLTA

E quindi tutto bene, dai, a parte la vita... E a parte che persevero a riaprirmi la ferita
con la falce arrugginita, insomma, mi sa che sbaglio, a guardare il panorama ci si perde ogni dettaglio
(a guardare ogni dettaglio ci si perde il panorama).
Tipo la mappa su cui sono, che mi ha un po' disorientato, che mi ruota sotto i piedi e mi dà il Nord sbagliato
e mi manda in direzione dell'Oceano del Passato, (ma io non sono più il ghepardo di una volta che non sono mai stato).
Ma Orfeo,se vuoi voltarti, puoi girarti quando vuoi,lascia il comando della nave a CapitanSennodiPoi,
e nel frattempo gli avvoltoi mi continuano a mangiare quelle briciole di pane che ho lasciato galleggiare sopra il mare.
Ma in fondo è meglio: mi fanno ricordare che il mio di tempo perduto non lo posso ricercare...
Un granello di sabbia nella clessidra che continua a girare.
Nel cerchio di mezzo la Luna Nera, è un abbaglio o al buio le cose si vedono meglio?
Lo so mi sbaglio se mi incaglio nelle rocce ormai sommerse,
nell'assenza di radici o in tutte le altre cose perse, nell'esilio dagli amici,
nei miei vortici a spirale che trascinano anche me nel gorgo della solitudine stellare
E non avendo un focolare mi succede che non so dove tornare,
quindi adesso barra a dritta, si procede, che dietro ormai la costa non si vede.
E avere fede in qualche stella non lo so se mi conviene che il vero volto delle cose è al buio che si vede bene.
Dito medio alle Sirene che mi hanno paralizzato cantando l'Irrealizzato del ghepardo che non sono mai stato.
Ho un veliero senza vele che mi porterà nel centro del caos in mezzo ad ogni possibilità
Non è il mestiere mio questo mestiere qua di galleggiare nel cerchio di mezzo sempre a metà ma sfasato dal centro un po' più in là.
Seguo il flusso delle onde e vedo il nulla all'orizzonte.
Seguo il flusso delle onde verso il nulla all'orizzonte.

(CHE NON SONO MAI STATO)

Tutto è da rifare: mi sembra sempre di arare il mare. Costretto a transumare e perennemente ad arare il mare.
Tutto è da rifare: Sisifo non sei nessuno. Non c'è riflesso alcuno: la notte è nera senza luna.
Non c'è ricordo alcuno e non c'è memoria del futuro. Non c'è più scelta alcuna fra il mare e il cielo senza luna.
Non c'è vertigine alcuna: la notte è nera e senza luna.
Non c'è nessuna paura in questa notte senza luna. Non c'è nessuna paura in questa notte senza luna.
Il Possibile è il limite mobile di ciò che io sono disposto ad ammettere, in questa notte in cui l'Irreversibile mi regala la possibilità di cercare il mio mare, di non tornare più indietro e andare un po' più in là.

IL SOPRAVVISSUTO Quadrante III

Dal diario di bordo.
La Luna è Crescente e quello che avrebbe potuto essere è risucchiato da quello che potrebbe essere. Sono Sopravvissuto al Primo Oceano ma devo superarne un Secondo ancora più spaventoso: l'abisso del Possibile sotto forma dell'Irrealizzabile, dove la ragione del poter essere me stesso si situa sempre e solo davanti a me. Qui le maree del Possibile sono correnti fortissime che possono inghiottire il mio veliero nel gorgo dell'indifferenza per ogni cosa del presente. Qui vivono le Erinni della vendetta e della morte, e soprattutto il Demone di Profondità detto Antefestvm, che si nutre di illusioni e speranze, paure e presagi. Il morso dei Mostri dell'Attesa è capace di spostare il poter essere se stessi sempre un passo in avanti rendendolo irraggiungibile come l'Orizzonte. Il suo veleno non ha antidoto e porta alla paralisi e l'angoscia per l'avvenire sconosciuto, per l'imprevedibile. Mi ricordo le parole lette sul fondo del mare durante il Naufragio: “Se tu sarai capace di stare senza attesa, vedrai cose che gli altri non vedono”.


IL PORTO DELLE ILLUSIONI

Da bimbetto sognavo di fare il pirata. Ora che sono un pirata il mio sogno è di fare il bimbetto,
invece annodo un cappio mentre aspetto non so nemmeno cosa.
Nel mare del Maccosa a pesca di ossessioni, andando contro vento, contro alibi e illusioni
e come unico nemico la speranza e una domanda che mi cola dalla testa:
Era proprio questa la vita che volevamo? E cosa mi resta in mano dell'essere sopravvissuto (ora che il tempo è scaduto).
La percezione di una rivoluzione arriva sempre e solo quando tutto è già accaduto.
Ora il tempo è circolare e l'orizzonte si sposta più in là.
Butta in mare il cannocchiale, nella spirale niente appare ciò che è in realtà.
Scusa ho solo poche cose da dire, e in gran parte lo so, sono tutte minchiate, può mai essere che siano tutte sbagliate?
Ora che sono spettatore in mezzo alla tempesta, e il mio cuore di bimbo è una pietra con 22 lati e mezzo,
che cosa mi resta? Dai, lo sapevo da un pezzo: la rotta è proprio questa
sotto i piedi l'abisso, la schiuma negli occhi e il caos sopra la testa.
Che cosa mi resta?Sprogrammarmi tutto un futuro: questo quanto mi costa?
Un serpente a spirale a cui dovrei strappare a morsi la testa. Ma era proprio questa la vita che volevamo?
Ora cosa mi resta? Forse attraccare in un porto stavolta un po' meno sicuro e andare affanculo.

PROLOGOLOGIA

Dal diario di bordo.
Il libeccio è una rabbia e le stelle uno sciame di meduse. Mi sono avvitato. Sono finito in una matrioska di frattali, in una spirale di Fibonacci, in un nastro di Moebius. Vedo una mappa disegnata nella mappa e sento Don Quichotte leggere a voce alta il Don Quichotte. Devo buttare in mare cannocchiale e carte navali. Sono in un punto indefinito dell'Oceano del Possibile, stanotte lascio indietro paure e ormeggi e cerco di attraccare finalmente a terra.


La volontà piega il destino, ma non il caso, ma non il caos. Ma non è questo il caso.

IL SOPRAVVISSUTO Quadrante IV

Dal diario di bordo.
Il Possibile ha una sola forma attuabile: quella di un divenire fatto di libertà e condivisione. Un presente schizofrenico schiavo solo dell'autodeterminazione del libero arbitrio totale e privo di ancore e catene. Devo tagliare le corde con cui mi sono lasciato legare consenzientemente: sono catene di cui neanche mi sono mai accorto perché assuefatto, oppure di cui forse mi sono accorto, ma che non ho voluto provare a tagliare solamente per paura. Stanotte, in poche ore, guidato dalla luce della Luna Piena, sono approdato nel porto di Zonguldak.


ROTTA IRREPARABILE

Riuscirò a sentire il rumore della corda spezzataquando lascerò che si spezzi? In discesa in folle, pazzo per i pazzi,folle per le folle.
Riuscirò a trovare la cazzo di chiave della stanza delle mie torture per riuscire un po’ a raddrizzarle
prima del tracollo, rotolando a valle a rotta di collo.
La spirale delle ondeil rimescolarsi della corrente, schiuma sporca sulla tombadella folla consenziente.
Niente punti cardinali, la stella polare è assente. Io sputo sangue sulla tomba della folla consenziente.
Ribaltare i cassonetti e ribaltare l'esistente, sputo sangue sulla tomba della folla inerme e consenziente.

ZONGULDAK

Dal diario di bordo. Luna piena: Sono Sopravvissuto. E finalmente sono riuscito ad arrivare a terra. Sotto una pioggia di lamette, mi sono seduto sul porto. Intorno, tutte le navi ancorate sono ognuna dentro una bottiglia, ma si stanno arrugginendo lo stesso anche se non vengono a contatto con l'acqua. Sono un senza nome, sono senza limiti e taverne in cui rifugiarmi, coi ponti tagliati dietro e davanti. Ormai c'è una sola cosa che posso fare: fondare la causa sul Niente, reinventarmi, slegare il nodo scorsoio, sfasciare la scialuppa di salvataggio, ridefinire il primario e negare il Tempo lineare, perché io stesso sono sostanza del Tempo. Non c'è più niente da perdere, si può perdere solo ciò che non si è mai posseduto. Perciò, per sempre esule e per sempre controvento, il Sopravvissuto distrugge la sua scialuppa di salvataggio, si rimette in mare, e riparte verso nessun posto. Senza ritorno. Il rischio è la mia sicurezza perché ormai non sento più le catene che mi paralizzavano, il lato oscuro della libertà. Sono finalmente libero di affrontare il rapporto con gli altri Sopravvissuti.

Sono qui, fermo seduto, sopravvissuto ma stanco morto. Guardo le navi ormai arrugginite nel porto.
Mi sono accorto che non partiranno, sono chiuse dentro unabottiglia delcazzoeporcoddio nemmeno lo sanno.
E io, come loro, da tempo ancorato incatenato al centro di un quadrato
E mi ero legato da solo le mani come i casi umani, un po' troppo umani.
Ma mentre accoltello il me che io ero ieri il me di oggi è impiccato dal me di domani... Bene!
Corpo di mille balene! Solo chi è fermo non sente le catene. L'ancora è dentro di me.

Ho salpato presto stamattina, E la marea mi trascina ma la marea sono io
e uno squalo mi sbrana ma lo squalo sono sempre io, che non c'ho una rotta ma solo una scia
ma mi volterò il giorno della mia agonia. Lascia gli ormeggi, coraggio, e sfascia con l'ascia la scialuppa di salvataggio:
per ridefinire il primario e la prospettiva che apre ogni altro scenario.
Un breve respiro, un nodo slegato, un’ascia nel mare ghiacciato da un gelo che squarcia le vele.
Corpo di mille balene! Solo chi è fermo non sente le catene. La guerra è dentro di me
Io sono il sopravvissuto, sono quattro non uno. Sono pieno a metà e non mi aspetta nessuno.
Un compatriota dell'inesistente, un contemporaneo di Niente.

EPILOGO

Sulla terra si scivola. È un globo rivestito da una sottile patina di sapone.Per stare in piedi bisogna andare in mare.
Il mare è uno e sono molti. Il mare è sempre diverso, perché l'acqua non è mai la stessa ed è sempre la prima volta che la vedi. Ed il centro del mare è la prospettiva migliore, quella che apre al maggior numero di altre possibilità, e che lascia tutte le opzioni del Possibile e del Caso.
Il mare c'era prima del Tempo, e prima che il Tempo fosse diviso in tre parti: il passato come colpa, il presente come redenzione e il futuro come salvezza; perchè il Tempo è solo una relazione e non esiste: nessuno può vivere nel passato, nessuno può vivere nel futuro, il Sopravvissuto di ieri è morto e il Sopravvissuto di oggi muore nel Sopravvissuto di domani. Il tempo è quindi solo la sostanza di cui è fatto il Sé, non una catena; la marea sono io, lo squalo sono io, la guerra sono io. E chi sono io? Lo saprò solo il giorno dopo dell'agonia, quando finirà l'orrore di essere e di continuare a esserlo. Mentre aspetto la morte mi libero dal lato oscuro della libertà e dalle catene che ho accettato consenzientemente e che mi sono messo da solo. L'autodeterminazione è l'unica Possibile dimensione del presente.Occhi bene aperti. Gli occhi sono l'unica parte del corpo che non invecchia mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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NAUFRAGIO UNIVERSALE (2010)

Il diluvio universale secondo l'ipotesi Ryan-Pitman

Agitarci ancora nel pantano immondo
ci porterà solo più a fondo.
Dimenarci ancora nella ragnatela
ci renderà più prigionieri,
ci renderà più inascoltabili.

Moltissime culture del passato e del presente (Genesi [6,1-9,17], Matsya nei Purana, Utnapishtim nell'epopea di Gilgamesh) hanno in comune la storia di una "grande inondazione" che devastò le antiche civiltà e distrusse l'umanità: il racconto del diluvio universale. Attorno al 5000 a.C., il Mar Nero era un lago di acqua dolce isolato il cui livello era 100 metri al di sotto di quello del Mar Mediteraneo. Ma sotto la pressione delle acque ingrossate dallo scioglimento dei ghiacciai, cadde la diga naturale in corrispondenza dell'attuale Bosforo, che isolava il Mar Nero dal Mar Mediterraneo salato: un'immensa cascata d'acqua durata un anno si riversò nel lago, il cui livello si sollevò con estrema rapidità, sommergendo tutti gli abitati umani. Un flusso di 50 chilometri cubici d'acqua al giorno inondò le comunità circostanti. A centinaia, a migliaia, dovettero morire impantanati nelle paludi salmastre, travolti dalle onde, annegati in un mare che pareva voler cancellare la terra intera. Devastazione e morte. Morire cosi in tanti che non resta più nessuno a raccontarlo.
E così, senza memoria e senza racconto, ciò che sappiamo essere avvenuto non è mai avvenuto.


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Zoster (la parte sbagliata/i farmaci giusti)

Qual è il mio nome? Io non sono, mi chiamo, ma come?
E chi sono? Chi siamo? Una legione di cocci distrutti,
e tu hai una tragedia privata, un po' come tutti.
E cosa intendo? Io non so cosa intendo, e in parte dipende
da quel che ho mangiato o dal tempo che fa,
e lo stesso vale per te che parli con me.

Non confondere una similitudine con la comprensione:
l'equivoco non è eccezione, ma insito nel codice.
Siamo una legione, un alveare di api che sbattono senza imparare,
ma quello che arriva a te non è un 8 ma un vago bla-bla
Bla-bla-bla

Non confondere le parole con lo spazio bianco in mezzo
Non confondere causa e conseguenza:
i farmaci giusti sono il motivo e non la cura,
i farmaci giusti sono il fatturato alla voce paura,
ed è il normale rumore di fondo che manda in vacca il segnale.
L'occlusione della sinapsi del solo neurone
come un cavo dissaldato che crea cali di tensione
Ma in fondo è solo la soglia della devianza spostata più in là
La-la-la

Le parole devono sfogare, ma la miccia è sempre troppo corta
Maestro o buffone, che importa? Paziente o dottore, che importa?

Non si rassegna e non si compiace,
non si compiace e non si rassegna:
solo il dolore insegna.
È la statistica che scarta gli estremi e ti considera una caramella.
Dovendo scegliere fra brace e padella,
preferisco essere affetto da una strana forma di
Necropiroaracnoclaustrogastrocleptofagia.
(Mangio solo lo stomaco di Eric Clapton chiuso con ragni morti in fiamme).
Tutta una vita a sabotare i binari,
poi tracci un confine e la ricetta è già pronta
Solo il dolore conta

Solo il dolore conta e ci hai sempre convissuto
Solo il dolore conta, perché la malattia che hai è la vita.

Bisogna tacere. L'impossibilità della comunicazione è una legge della natura. Troppe falle nel codice, troppo rumore di fondo, troppo importante il contesto e troppo frammentate le facce del prisma dell'io. Ma la schizofrenia non è eccezione o patologia, perché il confine fra la normalità e la devianza è arbitrario, stabilito dai poteri e spostato a piacere al fine di delegittimare la diversità e alcune verità scomode. La coscienza è una malattia, ed è un male che non va curato ma di cui bisogna prendersi cura con attenzione. La malattia non è un'affezione della mente ma una ribellione, un modo di vivere, il ritrovamento di un'identità repressa. Che cosa ci distingue? Un male che è una parte di noi, e noi ne faremo un'arma.
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Tanto ride tanto piagne

Coraggio.
Il meglio è passato,
fai di ogni cosa un fuoco
Bruciando ad ogni costo

Non mettere a posto a parole ciò che
può esser risolto con un lanciafiamme
Tanto ride tanto piagne.
Ma al di fuori non mostro il mostro che sono dentro,
lo farò solo quando sarò più giovane,
seguendo un fiume tra le montagne
Tanto ride tanto piagne.
E non esiste vendetta che valga quanto 
l'oblio dell'indifferenza.

Per drenare la violenza dai labirinti del cuore oscuro,
considerando le conseguenze
di un rendez vous con madama speranza.
Seduto lungo la riva del fiume, aspetti con la dovuta pazienza
di veder passare la salma del nemico,
che tuttavia è proprio lì che si riflette
nel momento in cui ti specchi nel torrente
Ormai pronto ad invertire la rotta, fai una branchia del polmone:
da salma a salmone, da valle a monte,
dall'estuario alla fonte.
L'insurrezione viene.

Il salmone risale il torrente.
Fiori neri a galla nella polla della sorgente
Solo i pesci morti seguono la corrente.
Andando incontro alla marea montante
nuotare in stile non serve più a niente.
Solo i pesci morti seguono la corrente
Ritorna dove sei nato, il meglio è passato.


La rivoluzione richiede violenza, ma non contro gli altri, bensì contro se stessi, le proprie paure, le proprie catene. Scoprire che il proprio nemico è nascosto dentro l'ultima delle matrioske che abbiamo dentro, è terribile: molto meglio cibare la pasta madre dell'odio per un nemico esterno, da eliminare. Ma il saggio insegna che la più grande abilità è sconfiggere il nemico senza neppure combattere. Così, gettarsi nel fiume per inseguire la salma del nemico, per poi accorgersi che si è di nuovo a monte come in un nastro di moebius e che sulla riva del fiume c'è qualcuno che ci aspetta da ore, simmetrico e specchiato nell'acqua del torrente: il nemico sei tu. Risalire il fiume come Snoopy, allora è come compiere un viaggio indietro nel tempo per uccidere il passato, disinfettare il lutto, trovare la vera natura delle cose, decrescere, compiere l'insurrezione. Un letto d'acqua vuoto, origine O, un silenzio assoluto, da cui nasce un nuovo corso.
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L'isola dei serpenti

1-2-3 prova, c'è qualcuno in ascolto? 1-2-3 prova
Ho trovato un lavoro: guardiano del faro
di un sasso chiamato "Isola dei Serpenti",
una roccia di cui sono il solo abitante
e in cui vivo isolato, eremita e distante.
Ma non più di quanto lo fosse tenermi
inchiodato e seduto di fronte agli schermi,
parassita di vita inferiore alle attese,
protesi protese e due stampelle tese
per permettermi di trascinarmi ancora.

E che importa se è stato il coraggio del vuoto,
o solo paura di stare nel gioco
del cedere a scelte forzate e violente,
o la volontà di non scegliere niente?
Che importa se in fondo il mio sabotaggio del mondo
mi porta a tenermi in ostaggio?
Io ho tolto il cerone e ho perso il mio nome,
la rivoluzione è cessare l'azione
e imparare umiltà risalendo lo zero
Senza torcicolli per un luogo verso cui voltarmi,
senza un luogo verso cui voltarmi.

E ho smesso di farmi domande, perché non voglio sentire menzogne
E ho smesso di essere deluso, per essere deluso bisogna averci creduto
almeno una volta sola.

E ho smesso di fare domande del cazzo
ci vado da solo a spostare quel masso
che ostacola il passo alla tomba di Achille,
diciamolo, eroe di sto paio di palle,
giacché immobilista fu nella sua testa
e piuttosto causò una sconfitta nefasta.
Ma invece il motivo di quelle sue gesta
non fu volontà ma altrui ira funesta.
Ho colmato la distanza fra l'atto e la potenza
ed ho riempito lo scarto fra la potenza e l'atto
trasformando il possibile in irreversibile

La porta dell'Ade puoi tenerla aperta: io sono già stato morto
per tutti i millenni prima che nascessi, e ora non ho più paura di perdere niente
Ma non affrettarti a scegliere, non troverai mai la vita che cerchi
E comunque tutto o niente non fa differenza,
ritorno al mondo (spezzato nell'origine O)

Ritorno al mondo con una giacca, una tuba e una borsa con dentro la morte.
Vestito di morte, sono qua, sono pronto e non ho paura di fallire
In piedi davanti alla folla in Parco della Vittoria
Essere o non essere? Né l'uno, né l'altro.
O se vuoi tutti e due. Quello che è, è, ed è.


In mezzo al Mar Nero esiste un'isola deserta, contesa da anni fra due stati. Si dice che vi siano sepolti i resti di Achille. Forse si tratta di una porta per entrare nell'Ade. Un viaggio di ritorno dagli inferi che non porta con sé alcun timore di voltarsi. Tornati nel mondo dei vivi, non c'è più bisogno di inseguire la tartaruga. Ecco conclusa l'eterna battaglia fra l'azione e l'immobilismo: non c'è nessuna differenza. Tutto o niente, è la stessa cosa; eremita o parassita, isolamento o mondanità, vita o morte, essere o non essere: né l'uno né l'altro. Portandosi dentro la morte non vi è più alcuna paura di fallire, perché il fallimento è insito nel ciclo vitale delle cose. Svegliare la gente è una cosa che fa schifo. Poi ti odiano.
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Ovunque naufragio

Il remo va a fondo e nascono i cerchi, concentrici ed equidistanti
e in mezzo ai rottami galleggianti gli sparvieri mi girano intorno a decine
Cara sirena che canti la fine, la mia volontà è di ferro, ma si intuisce
che sott'acqua però arrugginisce, come uno spirto guerriero in ossidazione
Ma è troppo tardi, lo so, per avere ragione, e non è facile riuscire a spiegare
il perché io continui a nuotare, e poi cosa rimane? Cosa rimane?

Non credi che ti sarebbe servito imparare l'apnea?
Non senti l'acqua cercare l'imbocco della trachea?
E non dire che non lo sapevi, che la nave è costruita per colare a picco
e che non è l'iceberg che viene ad urtare
ma siamo stati noi

Non vedi che ormai non c'è più niente da salvare?
Da sostituire, commutare forse, ma da salvare no.
Non vedi che ci contendiamo un salvagente di carta,
un remo spezzato? Fra gli squali sarai in salvo.
Maria Santissima del Naufragio, prega per la decomposizione
rapida della carcassa, impediscine il recupero, impedisci ogni sepolcro.
Barra a dritta verso il disastro e musica, maestro!

L'acqua attraversa di respiro le parole che diciamo.
Qua in fondo, cento squali e nessun padrone.
Il rumore in fondo al mare arriva
attutito e tondo, deformato e meraviglioso
Sul fondo i rottami delle cose perse
Lascia andare ogni appiglio, perchè le rivoluzioni
si ripetono in eterno e ridondano e ridondano
è il momento di interromperne la ripetizione
usando la tempesta, tu mollica di pane che affondi nel vasetto di miele
usa la tempesta per liberarti.
"Che gli occhi si tramutino in perle e dalle ossa nascano i coralli"
stai fermo finchè c'è questo scirocco, le decisioni si devono prendere
con il libeccio, e non credere più a nessuno,
aggiungi un trentaduesimo al tuo libro nero.
Dai balla ancora, balla, tu balla sul Titanic,
e ignora la grande balla, guardiamo in faccia la realtà:
la realtà è una faccia di cazzo e dunque sei proprio sicuro di volerti salvare?
maccosa. il vero nome è sussurrato nell'orecchio
sei proprio sicuro di volerti salvare?
Pianta una zucca marcia morta nel fondale
e attendi germogliare, ma dimenticala in fretta,
perché le cose succedono solo quando uno non se le aspetta.
Queste però sono solo parole: I passi sono i tuoi, i passi sono i miei.
Queste però sono solo parole.


L'invenzione della nave implica in sé l'invenzione del naufragio. L'Effetto Pacman in natura si ha quando si va radicalmente in una direzione così tanto che alla fine si spunta improvvisamente dall'altra. Così, nell'abisso in cui si affonda volontariamente, oltre i resti di Atlantide, alla fine ci sarà nuova luce. La furia del mare pulisce ogni traccia di sepolcro, la forza della marea cancella ogni traccia dalla riva, e poi non resta più nessuno a raccontare. Così, con lo zaino vuoto da ricordi e da speranze, da passato e da futuro, si può piantare una zucca marcia e morta dalla quale nasce una nuova generazione, il seme di mille nuovi coralli.

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L'ULTIMO GRIDO

L'OSCILLAZIONE RIPRENDE
I TRANELLI IN CUI SONO CADUTO HANNO MESSO LA COSCIENZA PIU' A FUOCO
MA NON NEL SENSO OTTICO: NEL SENSO PIROMANE.
LA DERIVA RIPRENDE
HO PROVATO A FARE FINTA: NON MI E' VENUTO UN GRANCHE' BENE
CAMMINO SULLE PAROLE.

[VORREI CHE TU SAPESSI RISPONDERE A TUTTE LE MIE DOMANDE.
L'IMPOSSIBILITA' MI RASSERENA.
IN TEOLOGIA ALLE DOMANDE NON SI DANNO RISPOSTE MA SOLO ALTRE DOMANDE.]
E LE PAROLE SONO BOMBE ATOMICHE (BOMBE)

PILOTA AUTOMATICO, MI ARRENDO AL VUOTO ARRENDERE
CONOSCO IL BARATRO, MI CI BUTTO
PRECIPITO VERSO L'ALTO

ESISTE LA POSSIBILITA' CHE NON CI SIANO PIU' POSSIBILITA'
ESISTE LA POSSIBILITA' CHE NON CI SIANO PIU' POSSIBILITA'
ESISTE LA POSSIBILITA' CHE NON CI SIA PIU' NIENTE
ESISTE LA SPERANZA MA LA LASCEREI AGLI STRONZI
ESISTE LA POSSIBILITA' CHE NON CI SIANO PIU' POSSIBILITA'
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CROSSFIGILL

OGNI GIORNO RIPETO IL DRAMMA DELL'INIZIAZIONE E DEL MARTIRIO
SCRIVA PURE, SIGNOR NOTAIO: CHE IL MIO CORPO SIA LASCIATO
IN PASTO AGLI ALLIGATORI
C'E' VOLUTA UNA PLETORA DI DOTTORI PER DIRMI
CHE IL MAL DI TESTA PRIMA O POI PASSA
SI, LO SO ANCH'IO CHE PASSA, CON LA MORTE SICURAMENTE.

MA LA MIA MENTE MENTE,
MALAMENTE MENTE NEL TEMPIO DELLE TEMPIE

CINQUE GIORNI AL MESE HO UN'EMORRAGIA
CELEBRARE LE EMORROIDI,
SONO EMO, MI COMMUOVO IN MODO ANORMALE
E' COMMOZIONE CEREBRALE

LA MIA MENTE MENTE NEL TEMPIO DELLE TEMPIE
E PER DIRLA TUTTA
MI VIENE IL DUBBIO RAGIONEVOLE DI APPREZZARE OGNI COSA
SOLAMENTE DOPO CHE OGNI COSA E' STATA DISTRUTTA
E QUESTO E' ESSERE ALLA FRUTTA

ESILARANTE E SPAVENTOSO:
LA FACCIA SEGNATA
E' SEMPRE LA STESSA
DA BUFFONERIA
A GRANDE TRAGEDIA
CON UN MOVIMENTO
DEL SOPRACCIGLIO

LA MIA MENTE MENTE, LA MIA MENTE MENTE

IL TRIONFO DELL'INDIVIDUO SULL'ARTE
IL CLOWN DELLA DISTRUZIONE
IL BUFFONE DISPERATO DELLA MORTE
UN RESIDUO DI CERONE
E UNA GAMBA GUASTA
MI SOTTOPORRO' A UNA DIFFICILE OPERAZIONE:
5719 DIVISO 380
IL SENSO DELLLA VITA E' DA SINISTRA A DESTRA
NEGLI INTERSTIZI
ORA PAGO IL CONTO, GIURO CHE PAGO IL CONTO
VADO ALLA CASSA A PAGARE

IL TEATRO BRUCIA E GLI ATTORI CONTINUANO A DECLAMARE
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TREBISONDA

POSSEDERE UNA BUSSOLA NON DISPENSA DAL REMARE
E NON ESISTE VENTO FAVOREVOLE
PER UN MARINAIO CHE NON SA DOVE ANDARE
OLTRE LA LINEA DELL'ORIZZONTE C'E' QUALCOSA CHE NON SI LASCIA SOTTOMETTERE: LA MATRICE DELLE ONDE FA DI ME CIò CHE VUOLE
LA DISTESA ANARCHICA SENZA CONFINI CHE CON I SUOI MILLE NOMI
RICOPRE 3/4 DI GLOBO
E IL 78% DI ACQUA CHE RIEMPIE IL MIO CORPO
MA IL TG CONTINUA A DIRE: "EMERGENZA CALDO: BERE MOLTA ACQUA"

MI VIENE IL DUBBIO CHE IL GOVERNO ABBIA INTENZIONE
DI TRASFORMARCI TUTTI IN DELLE MEDUSE

LA MEDUSA E' COMPOSTA AL 98% DI ACQUA
E NON E' IN GRADO DI DECIDERE COSCIENTEMENTE
SUL SUO MOVIMENTO O SULLA SUA DIREZIONE
SI DIREBBE DEL TUTTO SIMILE A ME, ANCHE SE IO NON MI SQUAGLIO AL SOLE
CONSERVO MOLTE MEDUSE NEL SURGELATORE,
INSIEME ALLE SPERANZE DELLA MIA GIOVENTU'
CON L'OBIETTIVO DI ANALIZZARE I CUBETTI DI GHIACCIO
CHE DERIVANO DALLA LORO CRISTALLIZZAZIONE.
LA DIFFERENZA RIMANE IN QUEL 19% DI ACQUA IN MENO
CHE GENERA UNA MAGGIORE CAPACITA' DEL MIO CORPO DI GALLEGGIARE SENZA ESSERE SBATTUTO TROPPO IN GIRO
VIENI, BEVI IL MIO COCKTAIL MEDUSA E LEMON

TU NON PUOI CONOSCERE IL MAR TIRRENO
SE NON CONOSCI LA SORGENTE DEI MILLE FIUMI
CHE DAGLI URALI IRRIGANO IL MAR NERO
SONO I PASSI CHE DETERMINANO I PASSI
E IL PASSO FALSO E' IL MIO UNICO PASSO VERO
COSI' VIENI AD ASSISTERE AL GRANDIOSO SFACELO
COLIAMO A PICCO NEL VORTICE, OGNI LAVANDINO PORTA AL MARE

BATTE L'ONDA SUL CORPO GALLEGGIANTE
CHE IGNORA CHE CIO' CHE LO TIENE IN SUPERFICIE
E' LA CONTROSPINTA DELL'ABISSO SOTTOSTANTE
IL FONDO E' IN TUTTE LE DIREZIONI
E NON C'E' UN CAZZO DI FARO INTORNO
COSTRINGO GLI ARTI AD ANDARE PIU' A FONDO
FINO A QUANDO LA PRESSIONE DA' L'ULTIMO COLPO ALLO SPASMO DELLA VITA

"CAMINANTE, NO HAY CAMINO, SE HACE CAMINO AL ANDAR
  CAMINANTE, NO HAY CAMINI, SINO ESTELAS EN LA MAR" (A.Machado)
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*Trebisonda era il maggior porto sul Mar Nero, e costituiva un punto di riferimento
visivo per le navi, perdendo il quale si perdeva l'orientamento, o la bussola, o la tramontana.
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"Liberati dal soverchio amor della vita,
Dalla speranza e dalla paura,
Inchiniamoci brevemente
Agli dei, quali che siano,
Grati di questo almeno:
Che ogni vita un giorno si spenga,
I morti levarsi non possano
E persino i fiumi più stanchi
Sfocino alfine nel mare"

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"Mise il corpo in posizione verticale. Alzando lo sguardo alle gelide stelle del cielo svuotò i polmoni dell'aria. Quindi con un colpo rapido e vigoroso dei piedi e delle mani sollevò le spalle e la parte superiore del busto per guadagnare forza nella spinta verso il basso. Si lasciò quindi andare sott'acqua, una bianca statua che precipita nel mare. Una volta immerso respirò deliberatamente con forza come si fa quando si deve andare in anestesia. La sensazione di soffocamento lo costrinse però a muovere involontariamente braccia e gambe su fino alla superficie, alla chiara presenza delle stelle.
«Volontà di vivere», pensò di nuovo con sdegno, cercando invano di non immettere aria nei polmoni che gli scoppiavano. Bene, avrebbe dovuto fare in un altro modo. Decise di immagazzinare nel petto quanta più aria poteva e di scendere in profondità. Si immerse a testa in giù e prese a inabissarsi sempre di più nuotando con grande forza. Tenendo gli occhi aperti notò le forme spettrali e fosforescenti dei velocissimi squali. Si augurò che non lo assalissero perché ciò poteva fiaccare la sua determinazione. Non lo fecero e trovò il tempo di ringraziare la vita per quest'ultima cortesia che gli aveva concesso.
Andò giù, sempre più giù finché la stanchezza delle braccia e delle gambe fu tale che non riusciva quasi a muoversi. Capì di essere sceso molto perché sentiva una pressione dolorosa alle orecchie e un ronzio alla testa. Stava per cedere, ma costrinse gli arti a portarlo ancora più sotto fino a quando la capacità di resistenza venne meno e l'aria gli uscì dai polmoni con la violenza di un'esplosione, avvolgendogli le guance in mille bollicine che salivano rapidamente. Quando cominciò il dolore e il soffocamento pensò che non era ancora la morte. La morte non faceva male. Era la vita con i suoi spasimi, con le sue terribili sensazioni; e quello era l'ultimo colpo che gli dava.
Ostinatamente mani e piedi cominciarono a vorticare frenetici, ma con un movimento sempre più debole: era riuscito astutamente a sconfiggere la loro volontà di vivere. Era sceso troppo e non sarebbero più stati capaci di riportarlo in superficie. Gli parve di essere languidamente alla deriva in un mare di visioni fantastiche, che lo circondavano cullandolo e accarezzandolo. Dov'era? Gli sembrò di trovarsi in un faro; era invece il suo cervello che emanava una luce bianca, accecante, che roteava sempre più veloce. Seguì un suono cupo e rombante che lo precipitò giù per una smisurata tromba di scale, al fondo della quale, a un certo punto, cadde nella tenebra. Questo solo capì. Di essere caduto nella tenebra. E nell'istante in cui seppe, cessò di sapere."
(J.London, Martin Eden)